13/12/22

G.G. Belli e il cibo. Chi magnava e chi pativa la fame...

Chi mangiava  e chi pativa la fame al tempo del poeta Belli?
E' il poeta stesso che in uno dei suoi sonetti ,"Li polli de li vetturali", ci indica chi scialava nel consumare il cibo. Erano i preti, i frati, le puttane, i cardinali, i monsignori, gli impiegati e i bagarini. 
Mentre tutti gli altri pativano la fame...
Belli nei Sonetti fa spesso riferimento al cibo, alla buona tavola per contrapporli  alla fame costante che pativa il popolo, insomma alla profonda ingiustizia esistente a Roma in quell'epoca nella distribuzione del cibo fra le classi sociali.
E ancora proprio grazie ad alcuni sonetti si possono ricostruire le abitudini enogastronomiche dei romani: i gusti e le preferenze, la quantità e la qualità dei cibi, le ricette, i menu e "le creanze a tavola".
A Roma nell'800, solo in pochi si potevano  permettere cibi gustosi e ricchi, abbondare nelle portate e godere di cibo di buona qualit come  carni prelibate, pesceverdure, 
formaggi e buon vino in occasioni di feste, banchetti e non..ogni momento era buono per mangiare!!
E così quando Belli descrive il cibo accomuna preti, frati, parroci, monsignori, vescovi, cardinali, fino allo stesso Papa e li rappresenta ingordi, ghiottoni, golosi fino all'eccesso. Spesso poi approfittavano della posizione preminente per ricevere, chi non poteva permetterselo di suo, cibi in regalo o inviti a qualche buona tavola...
Magnavano bene anche gli aristocratici ,e i "minenti", cioè quella classe romana piuttosto agiata che continuava a portare l'abito del popolo romanesco.
All'estremo opposto c'era il popolo romano, che viveva miseramente e aveva ben poco da mangiare, spesso solo pane e..vino.
E il loro pasto spesso era costituito da quanto avanzava in quelle tavole ricche di ogni bendidio....  
LA CUCINA DI BELLI. Testimonianza della presenza del cibo in molti  sonetti di Belli  è anche nel libro  La cucina di G. Gioachino Belli  scritto da Vittorio Metz  e pubblicato dalle "Edizioni del gattopardo" nel 1972, con disegni di Attalo.
Così un grande umorista come Vittorio Metz, con l' aiuto di un disegnatore di vignette umoristiche come Attalo, in questo libro ha scelto una ottantina di sonetti in cui il Belli parla - magari incidentalmente - di cibi, di cucina, e li ha commentati. 
E Metz fa di più poichè cerca di intuire come, di che cosa dovevano essere fatte le pietanze alle quali Belli si riferisce, e così ne ricostruisce la ricetta.

Abbiamo quindi le indicazioni per cucinarci a casa alcuni piatti abbastanza complessi della cucina romana come strozzapreti, il timballo di riso con le regaglie, i maccheroni con broccoli romaneschi; la coda alla vaccinara e la pagliata di vitello al forno; la porchetta alla sprocedata, la coratella d' abbacchio; la frittata di ranocchie e la frittata rognosa (ottima, pare), come si facevano ai tempi del Belli.

Metz e Attalo, autore del libro e illustratore, sono a loro volta due personaggi interessanti. 
Vittorio Metz (1904-1984) fu protagonista a suo tempo del mitico Bertoldo, una rivista settimanale (inizialmente bisettimanale) di umorismo e satira pubblicata a Milano dal 14 luglio 1936 al 10 settembre 1943 dalla Rizzoli
Inoltre è stato uno scrittoreumorista e sceneggiatore italiano, autore di programmi televisivi e regista cinematografico molto prolifico.


Attalo (pseudomino di Gioacchino Colizzi 1894-1986) è stato un  disegnatore del mitico  Marc' Aurelioun bisettimanale umoristico di Roma diretto da Vito De Bellis  di grande successo popolare, creatore di personaggi entrati nell'immaginario popolare, come alcune famose macchiette (Il Gagà aveva detto agli amici, Genoveffa la racchia..).