Già ai suoi tempi, Giuseppe Giochino Belli aveva ben chiaro quali erano i rischi insiti nel giubileo...
Il giubileo del 1832
L'occasione per
esprimere apertamente la sua opinione gli viene offerta nel 1832,
quando papa Gregorio XVI, in ricordo del 18° centenario
della Redenzione, indisse un Anno Santo straordinario, valido soltanto per i
cittadini dello Stato Pontificio, anche se molte deroghe furono poi accordate,
dato il gran numero di richieste, ai fedeli delle diocesi degli Stati italiani
confinanti.
Non dimentichiamo che un'altro giubileo c'era stato già nel 1825 con Leone XII ed era stato "magnifico"per la città di Roma e la cristianità.
Nei sonetti, per bocca dei popolani, Belli dà la sua
visione del giubileo, esprimendo giudizi irriverenti e sdegnati su vari temi che ruotano appunto intorno all'Anno santo.
Il Giubileo invece di essere un periodo di penitenza e di pentimento, per il popolo diventa l’occasione buona per peccare in santa pace e «alegramente», sicuri di poter essere subito perdonati.
Chiara è l'insofferenza del Poeta verso la pratica di pregare per ottenere le indulgenze o i
suffragi, pratica nella quale a suo giudizio si manifestava una concezione
utilitaristica della religione.
Aspetti economici e vero scopo del giubileo
Non basta! Belli affronta temi collegati agli aspetti economici che accompagnano l'Annosanto. Un popolano, pur riconoscendo i lati positivi del giubileo, infatti lamenta la mancanza di guadagno come conseguenza del mancato festeggiamento del carnevale.
Inoltre in un sonetto (intitolato "Er giubbileo"), Belli rivela lo scopo "vero" del giubileo indetto da papa Gregorio denunciando il pesante debito che lo Stato Pontificio, a
causa delle disastrose condizioni in cui versava l’erario, aveva contratto
l’anno precedente con la
banca Rothschild per coprire le spese militari e di polizia.
Faceva infatti scandalo che il papa si fosse rivolto a una banca ebrea anche per gli altissimi interessi che questa aveva
richiesto (più del 60%), pretendendo fra l’altro, clamorosamente, di
trattenerli in anticipo (cosicché del prestito di tre milioni di scudi l’erario
ne percepì in realtà meno di un milione e novecentomila).
In un verso finale è riassunto un pesante giudizio di Belli nei confronti dei suoi contemporanei: che un giubbileo pe ttanti ladri è ppoco.
L’Anno-santo
Arfine, grazziaddio, semo arrivati
all’anno-santo!
Alegramente, Meo: 1
er Papa ha spubbricato er giubbileo
pe ttutti li cristiani bbattezzati.
Bbeato in tutto st’anno chi ha ppeccati,
ché a la cuscenza nun je resta un gneo! 2
bbasta nun èsse ggiacobbino o ebbreo,
o antra razza de cani arinegati.
Se leva ar purgatorio er catenaccio;
e a l’inferno, peccristo, pe cquest’anno
pôi fà,
ppôi dí, nun ce se va un cazzaccio.
Tu vvà’ a le sette-cchiese 3 sorfeggianno,
méttete in testa un pò’ de scenneraccio,
e ttienghi er paradiso ar tu’ commanno.
Terni, 7 novembre 1832 -
Der medemo 1 Bartolommeo. 2 Neo. 3 Visita di sette chiese privilegiate, rimunerata dai Papi con infinite indulgenze
[Versione. L'Anno-santo
Infine, grazie a Dio, siamo arrivati all'anno santo!! Stiamo allegri, Meo:il papa ha pubblicato il giubileo per tutti i cristiani battezzati. Beato in tutto quest'anno chi ha peccati, perchè nella coscienza non gli resta un neo!
basta non essere giacobino o ebbreo, o altra razza di cani rinnegati. Si leva al purgatorio il catenaccio; e all'inferno, per cristo, per quest'anno puoi fare, puoi dire, non ci si va affatto. Tu vai alle sette chiese mettiti in testa un pò di cenere, e tieni il paradiso al tuo comando.]
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