19/07/19

G.G. Belli e la metafora dei...supplì


Già nel 1846 abbiamo la testimonianza ufficiale che a Roma si preparavano i supplì, cibo appartenente alla tradizionale cucina romana (1).
Il letterato romano, poi cappellano del Papa,Tommaso Azzocchi (Roma, 1791 –Roma, 1863) inserisce il termine supplì, specificando che trattasi di «frittelle, frittelle di riso, riso fritto»,  all'interno di una sezione (Raccolta di voci e maniere false col loro equivalente) del suo Vocabolario domestico (2) Questo vuol dire che in quel periodo, sia il temine che l'oggetto supplì erano conosciuti a Roma.
Roma e i supplì.
La parola supplì deriva dal francese surprises, e la sorpresa è proprio quello che ci puoi trovare all'interno, oggi solo mozzarella, ma originariamente anche regaglie e fegatini di pollo o altro ancora. 
Il Papa con la Tiara
(che somigliava al supplì)

A Roma un tempo esisteva anche il venditore di supplì che girava la sera per i vicoli di Roma con uno scaldavivande appeso ad un braccio strillando "Calli bollenti! Supplì di riso!".

Poi fino agli anni cinquanta c'era in centro (zona Sant'Andrea delle Fratte) anche un "supplitaro", soprannominato Polifemo, che se ne stava nel suo antro con una enorme padella colma di olio bollente e che alla fine di ogni cottura tuffava una reticella nell'olio per pescare questi bocconi fritti.



Anche Belli conosceva i supplì....
Anche prima del 1846 troviamo tracce evidenti del romanissimo supplì, oggi entrato nella categoria dei cibi di strada, in due sonetti del poeta Giuseppe Gioachino Belli. Nel sonetto Il papa, scritto nel 1831, il Poeta, che ha eretto un monumento imperituro alla plebe romana e al suo dialetto, fa un paragone fantasioso tra il triregno (o tiara), cioè il solenne e bombato copricapo indossato dal papa, e il zuppriso; vale a dire, secondo la spiegazione data dallo stesso Belli, somigliava a una «pallottola ovale di riso fritto»:
Dal sonetto  Il papa
....Quer trerregno che ppoi pare un zuppriso
vò ddì cche llui commanna e sse ne frega,
ar monno, in purgatorio e in paradiso.

(Versione. 
Quel triregno che poi pare un supplì
vuol dire che Lui comanda e se ne frega
al mondo, al purgatorio e in paradiso)

E in effetti la forma ovoidale del supplì si presta a questo paragone!!!
Giuditta Grisi
In un altro sonetto La canterina de la Valle, scritto nel  1838, il supplì, o quel si intendeva allora, diventa femminile (supprisa). 

Questo vocabolo viene messo in bocca al popolano romano per indicare un termine di paragone, certamente derisorio, per definire il fisico di una celebre cantante d'opera, Giuditta Grisi, definita anche sfrizzoletto (e cioè “ciccioletto”, un pezzetto di grasso di maiale abbrustolito):

dal sonetto La canterina de la Valle
...Ma cche cce trovi in sta madama Grisa,

che ppe vvia che jj'amanca er culiseo
canta da omo e ffa cchiamasse Meo,
e ppare un sfrizzoletto o una supprisa?
[Versione
Ma che ci trovi in Madama Grisi
che poichè gli manca il sedere
canta come un uomo e si fa chiamare Meo
e sembra un piccolo cicciolo o un supplì.]
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1) Norma dei puristi e lingua d'uso nell'Ottocento nella testimonianza del lessicografo romano Tommaso Azzocchi / Luca Serianni. - Firenze : Presso l'Accademia della Crusca, 1981. - 281 p. ; 24 cm. - (Quaderni degli Studi di lessicografia italiana)
2) Il supplì pietanza rustica tipica della cucina romana, è una polpetta allungata fatta di riso bollito condito con sugo di carne e lasciato raffreddare, lavorato con uova crude, arrotolato con all'interno un dadino di mozzarella, passato nel pane grattugiato e fritto in olio bollente. È molto simile alla ricetta dell'arancino di riso siciliano, dal quale però differisce per il fatto che all'interno il supplì è completamente di riso rosso - quindi al sugo di ragù - ed è sempre in forma schiacciata e contiene uova, mentre l'arancino siciliano si prepara in forme sempre differenti tra loro e con le più svariate farciture, inoltre secondo la ricetta originale non contiene uova. Nella ricetta originaria del supplì si inseriscono le rigaglie di pollo e al giorno d'oggi, semplicemente per una pura questione di gradimento del gusto e del sapore da parte dei consumatori, le rigaglie del pollo vengono sostituite dalla più semplice e comune carne macinata usata per preparare il normale ragù; semplicemente una polpetta di riso condito con sugo rosso di pomodoro senza piselli. Nel mezzo si inserisce un pezzetto di mozzarella.